tradizioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA VITA DI CAMPAGNA

Nel mese di giugno si cominciava la mietitura del grano.

All'alba i contadini erano già nei campi e, dopo aver legato con lunghe funi gli animali ad un albero per consentirne il pascolo, arrotavano le falci con la cote che tenevano sempre bagnata in un corno appeso alla cintura con dentro dell'acqua. Infilavano quindi i salvadita rudimentali che ciascuno aveva costruito per conto proprio ritagliando opportunamente dei pezzi di canna di un diametro pari a quello delle dita.

Si segnavano la fronte e dopo aver pronunciato ad alta voce "nome di Dio", curvavano le loro schiene e, facendo voti augurali circa la bontà dell'annata, iniziavano il taglio del grano che veniva prima posato per terra, poi legato in covoni ed infine, a sera, ammucchiato in biche. Per la mietitura si utilizzava la falce messoria. Il frumento, tagliato ad un'altezza di 15-20 cm e raccolto in mucchietti, veniva poi riunito in covoni del diametro di circa 30 cm legati con un manipolo dello stesso frumento. La trebbiatura si svolgeva sull'aia (ampio spazio antistante le masserie). Consisteva nel far girare gli animali sui covoni allo scopo di frantumare le spighe e far fuoriuscire il grano. Molti effettuavano la stessa operazione con il correggiato (strumento formato da due bastoni di legno uniti da una corda che serviva per battere il grano). Seguivano le fasi della separazione della paglia dal grano, della ventilazione e della vagliatura. Prima dell'avvento della mietitrebbie, il momento della trebbiatura costituiva sempre il momento di festa collettiva. Le macinelle servivano per macinare il grano in casa quando non si poteva andare al mulino.  Per trebbiare delle grandi quantità di grano si faceva ricorso, così come per l’aratura, alla forza animale. Sui covoni ammucchiati nell’aia venivano fatti girare un gran numero di animali e il calpestio dei loro zoccoli faceva uscire i chicchi dalle spighe, oppure una coppia di buoi trascinava sopra le spighe sparse circolarmente nell’aia una pietra di grandi dimensioni percorsa da scanalature nella faccia inferiore, oppure una pesante tavola di legno, costruita con grosse assi e munita nella parte inferiore di guide di ferro dentate e porgenti. Il superamento di questi metodi tradizionali di mietitura e di trebbiatura cominciò a delinearsi tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo quando lo sviluppo capitalistico dell’agricoltura favorirono la diffusione nelle campagne di macchine per mietere, per falciare e per trebbiare. Esse erano dotate di meccanismi che sostituivano la sperimentata manualità dell’agricoltore, mentre la macchina a vapore forniva la potenza necessaria a metterle in movimento quando la forza motrice animale non era sufficiente. I risultati furono molteplici: aumento della produttività del lavoro, miglioramento della qualità del grano, maggior controllo dei proprietari sul processo produttivo. Quando il grano era maturo si mietevano i campi con mietitrici trainate da cavalli; La trebbiatura si svolgeva sull’aia; per separare i chicchi, si batteva il grano con un bastone piuttosto lungo, all’estremità del quale era legato con una striscia di cuoio, un altro bastone, più corto e più pesante, che veniva fatto ruotare in aria e ricadere sul mucchio di spighe. Con l’invenzione del motore a scoppio questo lavoro si faceva con l’aiuto della trebbiatrice. Il momento conclusivo della trebbiatura consisteva nel mettere il grano nei sacchi, mentre la paglia veniva accatastata in grandi biche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA VITA DI PAESE

Il paese era anticamente illuminato da lumi a petrolio che venivano accesi e spenti da un addetto comunale chiamato lampionaio. Tutte le case avevano uno o due piani fuori terra e la distanza fra di loro non era superiore ai quattro metri, per cui le donne, stando in casa a sfaccendare, potevano tranquillamente conversare tra di loro o passarsi, con una canna, degli oggetti da un balcone all’altro.

Le abitazioni avevano una o, al massimo, due stanze. Dentro c’era l’indispensabile per viverci: un lettone, una cassapanca, un tavolo, qualche sedia e qualche sgabello. In cucina i tegami, le pignate, i piatti di legno o di terracotta, le giare per le provviste di acqua e le ceste di paglia appese al muro completavano l’arredamento. Le tenebre venivano appena rischiarate dalla lucerna ad olio, poi dal lume a petrolio e, per chi se lo poteva permettere, da una lampadina elettrica, con contratto UNES a forfait, potenza 15 watt.

Il tempo era scandito dalle campane. Un silenzio rotto dal vociare delle donne, dai giochi dei bambini, dal passaggio di qualche carretto, o dal richiamo dei venditori ambulanti, dell’arrotino, del sanapiatti, del rigattiere. Quando arrivava l’inverno, ci si riuniva, intorno al braciere a bruciarsi le gambe, i vecchi raccontavano le storie di un passato lontanissimo, della guerra, di briganti e di figure fantastiche, di streghe, di folletti, di spiritelli e di lupi mannari. Quando il fuoco si era consumato si andava a dormire, per riscaldarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ARTE POPOLARE

L'arte popolare, pur nella sua semplicità, era il mezzo che permetteva alla gente umile di esprimersi e aveva una forte connotazione sentimentale ed emotiva, per cui gli impulsi improvvisi e gli stati d'animo venivano tradotti in linee semplici anche se non privi di una forte carica di lirismo. L'arte popolare era praticata dal pastore e dal contadino; dall'artigiano e dalla massaia; come anche dal popolano che amava, quasi per istinto, abbellire gli oggetti che servivano al lavoro quotidiano e alla vita domestica. Basti pensare ai bastoni e ai collari di alcuni animali che il pastore adornava con motivi che ricordavano le sue credenze e il suo ambiente; ai cucchiai, ai mestoli e agli sgabelli di legno intagliato che abbellivano le modeste abitazioni: ai ricami e ai merletti che rappresentavano la principale forma di espressione artistica delle nostre nonne; agli oggetti in rame dalle: forme gradevoli che venivano appesi in bella mostra nelle cucine: alle inferriate, infine, e alle ringhiere in ferro che abbellivano le case patriarcali. Pochi esempi per ricordare come nel passato la gente era incline ad estrinsecare la propria personalità e ricchezza interiore.

 

 

 

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